Venezia, vista sotto un arco con panni stesi, Riva del Sette Martiri

Venezia attraverso un 50mm: scatti a tutto full-frame

Riscoprire l'uso di un obiettivo fisso: un ritorno alle origini

L’uso di un solo obiettivo per una uscita fotografica è sempre un buon esercizio. D’altra parte, per tanti anni, le macchine fotografiche avevano pellicola da 35mm e un obiettivo fisso da 50mm. Non c’erano tutte le opzioni che oggi conosciamo in termini di zoom e di obiettivi fissi di varie lunghezze focali. Questo ci ha spinto a imparare la composizione e l’inquadratura in modo più consapevole.

Perché scegliere il 50mm: la prospettiva naturale dell'occhio umano

Perché allora non riprovare l’esperienza di un unico obiettivo per tutta la giornata? In questo caso, la scelta non può che ricadere sul 50mm, ovvero su quello più vicino alla visione della scena ad occhio nudo. Questo obiettivo ha la capacità di catturare le proporzioni in modo molto simile a come le percepiamo, rendendo l’immagine spontanea e naturale.

Un'uscita fotografica a Venezia: scoprire la città con un nuovo sguardo

Con la mia Canon 5D Mark II e il Sigma 50mm ART, ho girato per Venezia in cerca di qualche vista diversa da quelle fotografate così tante volte. Venezia è un paradiso per i fotografi, con le sue calli strette, i canali e i riflessi dell’acqua che cambiano ad ogni passo. Limitarmi a un solo obiettivo mi ha permesso di concentrarmi di più su ciò che stavo osservando, obbligandomi a trovare l’inquadratura giusta senza poter variare la lunghezza focale.

Fotografia come complemento di una giornata speciale

Al solito, non si è trattato di un tour fotografico. Le foto sono state un completamento di una bella giornata passata per le calli e i campi di Venezia assieme a mia moglie. Questo ha reso l’esperienza ancora più piacevole: poter scattare qualche foto mentre passeggiavamo senza dovermi concentrare esclusivamente sulla fotografia.

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Ponte della Libertà - Budapest

Ponti di Budapest

Ponte delle Catene (Széchenyi Lánchíd)

Tra gli 8 ponti che attraversano il Danubio a Budapest, 2 hanno per me qualcosa di speciale. Si tratta del Ponte delle Catene (Széchenyi Lánchíd) e del Ponte delle Libertà (Szabadság híd).
Il ponte a Catene è uno dei simboli della capitale ungherese ed è il primo ponte stabile sul Danubio che collega Buda e Pest. Fu costruito su iniziativa del Conte István Széchenyi, dal 1839 al 1849. I progetti furono elaborati dall’inglese William Tierney Clark, mentre l’esecuzione fu affidata al suo omonimo Adam Clark che fece importare dall’Inghilterra anche il ferro. Il ponte poggia su due piloni di 50 metri ed è lungo di 375 metri. Il primo carro che attraversò il ponte in fase di costruzione, durante la lotta d’indipendenza, portava la corona ungherese da Buda, già allora assediata, a Debrecen. Le truppe austriache cercarono poi di farlo saltare in aria, ma ciò venne impedito da Adam Clark, che allargò le camere-catene riempiendole di materiale esplosivo. Durante la II Guerra Mondiale i tedeschi lo fecero saltare in aria e, dopo la ricostruzione, venne aperto al traffico il 20 novembre 1949. Collega la Piazza Roosevelt (Roosevelt tér) di Pest con la piazza Clark (Clark Ádám tér) a Buda, dove termina nel tunnel, lungo di 350 metri, che sottopassa la collina della Fortezza (Várhegy).

Ponte delle Libertà (Szabadság híd)

Il ponte delle Libertà (Szabadság híd): venne eretto tra il 1896 e il 1896, in occasione delle celebrazioni del millenario ungherese, su progetto di János Feketeházy e Aurel Czekelius, ma definito nelle soluzioni architettoniche dal professore del Politecnico Virgil Nagy. Nel 1896, in occasione del Millennio dell’Ungheria (896-1896), Francesco Giuseppe piantò l’ultimo chiodo d’argento sul ponte (che portava il suo nome), per inaugurarlo. Lungo 333 metri e largo 20, è reputato uno dei ponti più belli del mondo: in stile Art nouveau, con un’elegante struttura di ferro, in cima alle guglie di quattro agili torri magnificamente è stato effigiato, in atto di librarsi, un turul (mitico uccello totemico simile all’aquila che avrebbe indicato ad Árpád la strada dei Carpazi), mentre nella chiave, al centro della balaustra che sovrasta l’arco, campeggia lo stemma reale ungherese con la santa corona. Distrutto da un bombardamento tedesco nel 1945, fu ricostruito con prontezza e rinominato ponte della Libertà.

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Lago di Bled - Chiesa dell'Assunzione della Vergine

Lago di Bled

Il lago di Bled (sloveno: Blejsko jezero; tedesco: Veldeser See) si trova in Slovenia, a nord di Lubiana sulla strada che sale a Villach in Austria, nelle Alpi Giulie. Allungando un po’ la strada di ritorno da Vienna, è un luogo pittoresco dove fermarsi, circondato come è da montaghe e foreste.

Lungo poco più di 2 km ed è largo meno di un 1 km e mezzo, è profondo appena 30 metri.

A nord del lago sorge un castello medievale su una posizione sopraelevata con una vista mozzafiato.

Al centro del lago c’è una isoletta con la Chiesa di S. Maria Assunta (sloveno: Cerkev Marijinega vnebovzetja), costruita nel XV secolo. Nella chiesa c’è la cosiddetta “campana dei desideri”. La tradizione racconta che, qualora venisse suonata, la campana farebbe avverare i desideri.

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Statua 798 Art District

Pechino: 798 Art District

798 Art District (noto anche come Dashanzi Art District) è una comunità di artisti situata nella zona di Dashanzi, a nord-est del centro di Pechino (https://goo.gl/maps/F5N4EdAwK3r). È una vecchia area industriale dismessa dove c’erano numerose fabbriche di proprietà dello Stato, tra cui Factory 798, che producevano originariamente materiali elettronici.

Oggi 798 Art District è un luogo in cui si trovano aziende di design, gallerie, centri d’arte, studi di artisti, oltre, ovviamente, a bar, ristoranti e luoghi di ritrovo.

A partire dal 2002, artisti e organizzazioni culturali hanno cominciato, un po’ alla volta, ad appropriarsi degli spazi delle vecchie fabbriche dismesse.

Gli edifici sono stati gradualmente ridisegnati per diventare ciò che sono oggi: una vasta area piena di attività creative ed artistiche.

A differenza di tante altre esperienze in giro per il mondo di recupero di aree industriali o portuali dismesse, in questo caso sembra che la nuova geografia urbana sia stata disegnata da quegli stessi che la usano.

Colpisce il contrasto tra la fatiscenza apparente che deriva dalla vista di insieme e la cura posta a realizzare spazi vivibili e belli all’interno degli edifici delle vecchie fabbriche.

L’impressione è quella di un lavoro molecolare, come fatto da tante formiche che, via via, ha segmentato e rifatto gli spazi per conquistarli ed adattarli alle proprie necessità.

Se anche c’è stata, non si vede l’esito delle grandi operazioni immobiliari che caratterizzano larga parte della “modernizzazione” di Pechino e che ha portato alla distruzione di buona parte del suo tessuto urbano tradizionale (gli “hutong”).

Visitando quest’area capisci ciò che la Cina sta già diventando, ben oltre gli stereotipi che spesso si limitano a dipingerla solo come una grande fabbrica di prodotti a basso costo per l’Occidente.

798 Art District mostra quanto la Cina sia anche una fucina di cultura, innovazione e di creatività anche in campo artistico.

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