Beccacce alla Arzignanese

Beccacce alla Arzignanese

Beccacce alla "arzignanese":una ricetta sublime

Sublime significa molto elevato, superiore. Le beccacce cucinate secondo la tradizionale ricetta alla “arzignanese” sono proprio un piatto sublime.

Arzignano ha il merito di aver perfezionato la ricetta delle beccacce allo spiedo facendole diventare la leccornia che oggi conosciamo.

La ricetta delle beccacce alla “Arzignanese”

Le beccacce vanno spennate e frollate a lungo. Vanno tolte le interiora, pulite, rimesse dentro. Infilzate con cura sui ferri dello spiedo dove vengono cotte per 3 ore mezza/4 con fuoco dolce avendo cura di tenerle bagnate con l’olio e mettendo il sale che serve.

Tolte dai ferri dello spiedo, si rimuovono le interiora che vengo mescolate ad olio crudo e limone creando una salsa che serve ad insaporire le beccacce nel frattempo tagliate a metà.

A questo punto non c’è da cucinarle perché sono già cotte, devono solo essere insaporite a fuoco dolcissimo per 30 minuti.

Il rito della cena con le beccacce

Una cena di beccacce è un rito con menù fisso e rigidamente codificato.

Si parte con “Tajadele con l’ovo fate ‘n casa in brodo coi fegadini” (Tagliatelle fatte in casa all’uovo in brodo con i fegatini).

Le beccacce con “Pan moro da pociare in tel tocio” (Pane nero da inzuppare nel sugo di cottura).

Va masticato e succhiato tutto. Il “tocio” (sugo) ha una ricchezza e complessità di sapori e profumi che incanta.

In un piatto a parte, alla fine “radeceto saltà in tecia col lardo e asedo” (radicchietto saltato in padella con lardo e aceto). Scopo: “sgarbarse la boca” (rinfrescarsi la bocca).

Un vino rosso importante e strutturato accompagna la cena. Un Amarone serio è perfetto.

Claudio Caio Chiomento: il master chef delle beccacce

Difficile che un ristorante la proponga: troppo lunga e difficile da preparare.

Un amico, Claudio Caio Chiomento, sa prepararle in modo sopraffino, avendo imparato da Bepi Parise, figlio di quel Parise che avrebbe inventato la ricetta attuale.

Caio ha affinato negli anni la tecnica mantenendo ferma, immobile, la ricetta tramandata. Le cose perfette non vanno cambiate. Potrebbero solo peggiorare.

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Pipe Organ in Royal Opera House in Muscat, Oman

Royal Opera House in Muscat, Oman

RoHM: un regalo del sultano al qaboos

Nei suoi quasi 50 anni di governo, il Sultano Al Qaboos ha trasformato l’Oman da paese arretrato, in larga parte analfabeta, gestito in modo reazionario dal padre da lui deposto con un colpo di Stato incruento, in qualcosa che ha agganciato la modernità e lo sviluppo.

Al Qaboos è mancato nei primi giorni del 2020 ma credo resterà nella memoria e nel cuore dei suoi sudditi per la grande trasformazione che ha guidato.

La Royal Opera House Muscat (in arabo دار الأوبرا السلطانية مسقط) di Mascate (Muscat in inglese) è uno dei suoi lasciti più importanti assieme alla Grande Moschea Al Qaboos. Spesso viene chiamato con semplicemente con l’acronimo ROHM, dalle iniziali del suo nome completo.

È un teatro multiuso situato con una capacità di oltre 1.000 posti costruito tra il 2007 e il 2011 nel quartiere Shati Al-Qurm.

Il complesso è costituito da un teatro per concerti, un auditorium, dei giardini paesaggistici, un mercato culturale con negozi al dettaglio, ristoranti di lusso e un centro d’arte per produzioni musicali, teatrali e operistiche.

Un opulente e sofisticato gioiello

L’opulenza si respira in ogni aspetto: la profusione di marmi pregiati sia all’esterno e all’interno dell’edificio è solo una delle componenti di un così sofisticato gioiello.

Una acustica straordinaria. Un organo a canne movibile che è il secondo più grande al mondo.

Una sofistica soluzione ingegneristica che fa scomparire alcune delle logge e delle prime file di sedie quando serve più spazio per l’orchestra.

Esempio di apertura alle culture del mondo da parte di un paese arabo

Ma a colpire di più, specie il turista occidentale inevitabilmente lambito dai riflessi dei pregiudizi contro la supposta, indistinta, cultura araba e musulmana, è la logica che ha portato Al Qaboos a creare questo centro di cultura.

Come ti spiegano i giovani Omaniti che accompagnano i visitatori del teatro, peraltro con un inglese perfetto anche nella ricchezza delle sfumature del linguaggio, lo scopo è stato quello di consentire agli Omaniti di usufruire di tutte le diverse forme di espressione musicale che possono essere rappresentate provenienti da qualsiasi parte del mondo.

Musica come modo di aprirsi al mondo nelle sue diverse forme. Certo hanno giocato la passione di Al Qaboos per la musica e la sua formazione londinese. Va rimarcato che l’insegnamento che ne ha tratto è che la diversità, a partire dalla musica, è una ricchezza che va condivisa con il suo popolo.

In altri paesi arabi e musulmani le cose sono ben diverse. Constatare questa diversità aiutare a superare tanti pregiudizi nei confronti di culture che è sciocco considerare come un tutt’uno perdendone di vista le differenze.

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