Orgosolo

Murales (e banditi) ad Orgosolo

Un benvenuto un po' particolare ad Orgosolo

Il benvenuto non è dei migliori: quel segnale stradale all’ingresso di Orgosolo (https://goo.gl/maps/HYp8o5woFHbcc5F98) crivellato di colpi di lupara non è certo un invito ad entrare. Così come le decine e decine di carabinieri e di agenti di polizia che girano di continuo per il paese il 3 di agosto a caccia dell’evaso famoso Graziano Mesina. Malgrado i suoi 78 anni, dei quali 40 passati in prigione per rapimenti e omicidio, è tornato ad essere uccel di bosco proprio nelle scorse settimane.

Orgosolo è nota (è famosa? si può dire “famosa”?) per quella che fu l’industria dei rapimenti di persona qualche decennio fa.

 

Oggi però si sale fino ai suoi 620 metri di altitudine, nel cuore della Sardegna montagnosa e brulla per i suoi murales.

Banditismo di un tempo con il suo anziano latitante a ricordare un tempo per fortuna passato e i murales, non hanno, ovviamente, alcuna relazione tra di loro.

Murales famosi in altre città nel mondo

Ho avuto la ventura di godere di altre città e quartieri nel mondo arricchiti di murales.

A Milano se ne trovano nella zona della Stazione Garibaldi nei sottopassi che portano ai binari dei treni e della metropolitana.

A San Francisco (CA-USA) l’intero Mission District (https://goo.gl/maps/TEjrLgjNawPtpMib7) con i suoi murales è diventano una delle attrazioni turistiche più importanti di una città già così ricca di luoghi da vedere e da vivere.

A Linz, in Austria, abbiamo la Open Air Mural Harbor Gallery (https://goo.gl/maps/kAzDw1BnX83owr9U9) con circa 300 Graffiti, alcuni dei quali di dimensioni monumentali, che decorano le facciate delle vecchie costruzioni industriali e degli uffici del porto. Artisti provenienti da circa 30 nazioni hanno trasformato le bellissime zone portuali di Linz in un luogo d’arte.

Unicità di Orgosolo e dei suoi murales

A rendere diverso Orgosolo è la sua piccola dimensione di appena 4.000 abitanti e quindi ben più piccolo del singolo quartiere di Milano, San Francisco, Linz, arricchito di murales.

Orgosolo e murales diventano quindi quasi un tutt’uno, ridefinendo ed arricchendo l’identità dell’intero paese.

Il contrasto tra qualità artistica dei dipinti e la morfologia aspra e spoglia delle colline e montagne intorno al paese, esaltano ancor di più la ricchezza comunicativa e simbolica dei murales.

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Cottura risotto con zucchine

Risotto di zucchine e Coronavirus

Risotto con Zucchine e Senso del Tempo Durante COVID-19: Un'Esperienza di Resilienza

In quarantena da quasi cinque settimane a causa del Covid-19, il tuo mondo in parte si contrae e in parte si espande.

Un mondo che si contrae

Si contrae perché le opportunità e le esperienze a cui eri abituato si riducono drasticamente. Quella che ti manca di più è l’abbraccio dei tuoi sette nipotini, ma è in generale che le tue esperienze si riducono drammaticamente mentre sei chiuso in casa.

Un mondo che si espande

Dall’altra parte, il tuo mondo si espande perché cambia la tua percezione del tempo. Il tempo si dilata, o almeno dà la sensazione di dilatarsi, poiché è riempito di meno esperienze e sembra non passare mai.

Non c’è modo di pensare al tempo in quanto tale. Lo puoi solo fare in relazione alla densità delle tue esperienze che lo segnano, lo misurano e ti fanno sentire la sua velocità o il suo rallentare.

Questa sensazione del tempo è stata descritta varie volte nella grande letteratura, come da Thomas Mann ne “La Montagna Incantata”, quando narra l’esperienza del banale ingegnere Hans Castorp nel sanatorio Berghof di Davos. Entrato per una visita al cugino e con l’intenzione di starci appena tre settimane, ci passò sette anni.

La sensazione del tempo che ci dà questa quarantena, pur in perfetta salute, è la stessa che trasmette il romanzo di Mann.

Il cibo come ancoraggio al tempo

E tutta questa premessa per un semplice risotto di zucchine? Sì, perché è proprio attraverso i gesti di un’esperienza quotidiana che abbiamo forzatamente cambiato, che riusciamo a dare un senso a queste giornate così apparentemente rilassate, ma in realtà profondamente inquietanti per un futuro che sappiamo non sarà come il passato prima del Covid-19.

Evviva il risotto con le zucchine

Quindi evviva il risotto con le zucchine, come evviva la torta di noci, le tagliatelle con il ragù d’anatra, la parmigiana di melanzane, il pane di semola di grano duro con il lievito madre, la pasta alla carbonara, l’amatriciana, il tiramisù, e così via.

Resilienza e autostima attraverso la cucina

Queste attività contribuiscono all’autostima e rafforzano quella qualità oggi così necessaria che è la resilienza. La varietà del cibo preparato e mangiato funziona come un surrogato delle esperienze di lavoro e di vita che oggi non possiamo avere e contribuisce a dare densità e senso al tempo che passiamo in quarantena.

La Fotografia Come Racconto

Se poi ti capita anche di avere la passione per la fotografia, puoi creare un piccolo set in cucina e raccontare, con le foto, la storia della preparazione del piatto.

Ingredienti e fasi di cottura del risotto con le zucchine

Ingredienti:

  • Riso Carnaroli
  • Olio extra vergine di oliva
  • Aglio
  • Zucchine
  • Burro
  • Parmigiano Reggiano
  • Brodo di verdure

Fasi di Preparazione:

  1. Cottura delle Zucchine: In una padella, cuoci le zucchine con olio e aglio.
  2. Biscottatura del Riso: Tosta il riso con l’olio.
  3. Cottura del Riso: Aggiungi il brodo di verdure poco alla volta e cuoci il riso.
  4. Mantecatura: A fine cottura, manteca con burro e Parmigiano Reggiano.

Conclusione

Attraverso la preparazione di un piatto come il risotto di zucchine, troviamo un modo per dare significato e struttura alle nostre giornate in quarantena. Ogni ricetta diventa un ancoraggio nel tempo, una piccola vittoria di resilienza e creatività in un periodo di incertezza.

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Burano

Burano: l’isola colorata di Venezia

A poco più di mezz’ora di vaporetto dalla fermata Fondamenta Nove, Burano è il piccolo centro che sorge su quattro isolette della laguna settentrionale di Venezia.

Burano è noto anzitutto per le sue tipiche case vivacemente colorate e per la secolare lavorazione artigianale ad ago del merletto di Burano.

Vi sono vari ottimi ristoranti di pesce. La tradizione gastronomica è completata dai dolcetti secchi locali, i “bussolai”.

Per quante volte lo si visiti, non si riesce a resistere alla tentazione di fotografare, ancora una volta, gli stessi luoghi trovando ogni volta luci e sensazioni diverse.

Queste foto di marzo 2019 sono, per ora, la versione aggiornata di immagini e sensazioni che sembrano ogni volta diverse.

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Libri, gondola, Libreria Acqua Alta , Venezia

Libreria Acqua Alta: un viaggio tra libri e magia nel cuore di Venezia

La libreria Acqua Alta: un luogo magico e unico nel cuore di Venezia

Solo una dose di pazzia consente di fare grandi cose. Luigi Frizzo lo ha dimostrato creando la libreria Acqua Alta, situata a Venezia, in Campiello del Tintor, Calle Lunga Santa Maria Formosa, 5176.

Una delle 10 librerie più belle al mondo

La libreria Acqua Alta è stata definita dalla BBC come una delle 10 librerie più belle al mondo. È un luogo unico, esattamente come Venezia stessa. I libri, nuovi e usati, sono disposti in vasche da bagno, su una gondola e persino in una carriola.

La scala di libri e l'effetto sorpresa

I libri non più in vendita sono stati utilizzati per costruire una scala che permette di salire sul muro di cinta e ammirare il canale adiacente. Questo contribuisce a creare un effetto di spiazzamento totale per i visitatori, che si muovono in spazi angusti e affascinanti.

L'incredibile storia di Luigi Frizzo

Luigi Frizzo, l’uomo dietro questo progetto visionario, ha una vita straordinaria. Nato a Trissino, in provincia di Vicenza, ha avuto esperienze lavorative variegate: minatore, guida turistica, croupier, carrozziere, guardia forestale, libraio, e perfino lavoratore su navi da crociera. Ha viaggiato per il mondo, vivendo in luoghi come Valle d’Aosta, Germania, Australia, Nuova Zelanda e Tahiti.

Radici e apertura al mondo: la filosofia dietro la libreria

Nel 2005 Luigi Frizzo ha deciso di mettere radici a Venezia, un luogo che coniuga la sua magia con l’idea del viaggio e dell’apertura al mondo. Venezia ci insegna che non c’è conflitto tra il preservare le proprie radici e l’accogliere la diversità delle culture globali.

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Lio Piccolo nella Laguna Nord di Venezia

Lio Piccolo: un paradiso per fotografi e amanti della natura nella laguna Nord di Venezia

Lio Piccolo è un piccolo angolo di paradiso naturalistico situato nella laguna Nord di Venezia , perfetto per gli amanti della natura e per i fotografi.

Come raggiungere Lio Piccolo: auto, bicicletta o vaporetto

Situato nel Comune di Cavallino-Treporti, Lio Piccolo è raggiungibile in auto passando da Jesolo o via acqua, utilizzando il vaporetto da Venezia con arrivo a Punta Sabbioni. La bicicletta è il mezzo ideale per esplorare le strette stradine che si snodano tra i canali delle valli da pesca e le paludi della laguna.

La storia e le frazioni di Cavallino-Treporti

Cavallino-Treporti, di cui Lio Piccolo fa parte, è tornato a essere un comune autonomo nel 1999, dopo essere stato inglobato nel Comune di Venezia nel 1923. Oltre a Lio Piccolo, la zona comprende varie frazioni, tra cui Ca’ Ballarin, Ca’ Pasquali, Ca’ Vio, Ca’ Savio, Treporti, Mosele e Punta Sabbioni.

Un paesaggio agricolo e naturale unico

Oggi Lio Piccolo è quasi disabitato, con solo pochi abitanti sparsi e un agriturismo. L’attività principale è l’agricoltura, con coltivazioni famose come le castraùre (primo germoglio del carciofo violetto) e le zizołe (giuggiole). Il paesaggio è caratterizzato da canali, zone di barena e valli da pesca, con qualche casone isolato.

La Piazzetta del Borgo e i ricordi di un passato storico

La storia di Lio Piccolo è testimoniata dagli edifici presenti nella Piazzetta del Borgo, dove si trovano la chiesetta di Santa Maria della Neve e il Palazzetto Boldù, che ricordano un tempo in cui la zona era più popolata.

La fauna di Lio Piccolo: uccelli stanziali e migratori

Lio Piccolo è noto per la sua straordinaria fauna, con molte specie di uccelli stanziali e migratori. Negli ultimi anni, anche i fenicotteri rosa hanno scelto quest’area per le loro soste. Tra le altre specie avvistate ci sono aironi bianchi, cinerini e rossi, chiurli, cavalieri d’Italia, gabbiani, anatre, upupe, gruccioni e molti altri.

Come fotografare gli uccelli a Lio Piccolo: consigli pratici

Fotografare gli uccelli a Lio Piccolo non è facile. Il consiglio è di scattare dall’auto utilizzando un tele-obiettivo lungo, approfittando delle piazzole di sosta lungo le stradine. Nonostante l’abbondanza di specie, riuscire a scattare foto nitide e ravvicinate può risultare una sfida. Gli uccelli sembrano “conoscere” la portata degli obiettivi e tendono a mantenere una certa distanza.

La mia esperienza: una sfida fotografica e la bellezza della natura

Nonostante un’attrezzatura di tutto rispetto – un Canon 100-400mm, un moltiplicatore di focale 1,4x e un corpo macchina con fattore di crop 1,6x – scattare foto nitide e ravvicinate degli uccelli non è stato facile. Le foto qui presentate sono le poche accettabili, e questa esperienza mi ha insegnato l’importanza della pazienza e del rispetto per i ritmi della natura.

La ricompensa della levataccia: la bellezza di Lio Piccolo

Anche se non tutte le foto degli uccelli sono state come desiderato, la bellezza della natura di Lio Piccolo ha permesso di catturare altre immagini meravigliose, che hanno ripagato lo sforzo e la levataccia mattutina.

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Paella a Montorso

Festa di “Gato Magnao?” a Villa da Porto a Montorso

Gato Magnao?” è una pagina Facebook (https://www.facebook.com/groups/gato.magnao) con oltre 4.000 membri che si occupa di cibo cucinato, condiviso con gli amici, fotografato.

Prevale la cucina della tradizione locale vicentina, orgogliosamente rivendicata.

Ma il cibo, come spesso succede, è solo l’occasione per stare assieme ed apprezzare la vita assieme agli amici.

Nato come pagina Facebook, Gato Magnao? è diventato un gruppo che organizza corsi di formazione sulle tecniche di cucina, serate a tema e la festa annuale che si tiene a Montorso a Villa da Porto.

 

Per chi non ha familiarità con il dialetto vicentino, l’espressione “Gato Magnao?” richiede qualche spiegazione.

In senso letterale “’’ndare a gato magnao” indica i movimenti dei bimbi che ancora non camminano e che si muovono come i gatti, cioè usando sia le braccia che i piedi.

Quindi, in apparenza, nulla che abbia a che fare con il cibo e la cucina.

 

Ma l’espressione gioca sulle ambiguità.

Nel dialetto vicentino “gato”, con una sola “t” è l’espressione dialettale di gatto e “magnao” ha l’assonanza di “magnare”, cioè di mangiare in Italiano.

Considerato che i Vicentini sono considerati “magna gati”, cioè mangiatori di gatti, ecco che l’espressione dà l’impressione gioca su questa simpatica ambiguità apprezzabile solo da chi conosce il dialetto vicentino e l’ “accusa” di essere mangiatori di gatti.

 

Quest’anno la festa di Gato Magnao? si è tenuta il 23 luglio 2016 con oltre 300 partecipanti contenti.

La serata ha proposto un menù “fusion”: dalla paella spagnola al cous-cous nordafricano, dal mojoto centroamericano per arrivare a sopressa vicentina  e formaggio di Altissimo (un po’ di tradizione non guasta!).

 

Le foto provano a narrare l’evento, partendo dal lavoro dei tanti volontari iniziato di prima mattina per arrivare all’evidente apprezzamento degli ospiti per l’ottimo cibo e il piacere di stare assieme.

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Chiesa della Madonna della Salute -Venezia

Foto vera o “trucco e parrucco”? Ovvero il difficile rapporto tra una foto e la realtà.

Un visitatore di questo blog, Fortunato Castagna, ha criticato il mio post con alcune foto del Castello di Arzignano. (“Sembrano 2 € falsi praticamente cinesi. Sarà comunque dura trattenerli si rifarà al più presto occhio”).

La sua critica liquidatoria mi spinge a ricordare che vero/falso nella fotografia, specie in quella digitale, è una materia molto scivolosa.

Non può esistere una foto “vera” semplicemente perchè il nostro cervello vede le immagini in modo molto diverso da come le vede il sensore della fotocamera. Anche la migliore fotocamera riproduce una gamma tonale infinitamente inferiore al nostro occhio/cervello.

Inoltre noi non abbiamo il problema del “punto di bianco”, che invece caratterizza i sensori delle fotocamere. Per noi un “rosso” o un “blu” sono tali anche se illuminati da luci ad incandescenza o da una luce al neon.

Ogni foto in formato Jpeg che vediamo è frutto di decisioni del software della nostra fotocamera (se scattiamo in Jpeg) oppure delle decisioni del fotografo durante la conversione dal formato nativo della fotocamera (formato RAW) in Jpeg.

Ogni foto è una interpretazione soggettiva comunque diversa da ciò che pensiamo di avere visto.

Ovviamente la interpretazione della fotocamera con il suo software interno, o quella soggettiva del fotografo, non sono le tavole della legge. Il risultato può piacere o meno, può essere percepito realistico o falso.

Talvolta il trattamento con i vari software, a cominciare dal sempre citato Photoshop, è eccessivo e fastidioso. In particolare alcuni trattamenti spinti con l’HDR rendono immagini che si percepiscono false al limite del fastidioso.

Il risultato può essere più o meno buono ed è oggetto, giustamente, di valutazioni e critiche sempre benvenute.

Come diceva Aristotele: siamo nel regno del “perlopiù” e non della verità.

Di mio posso dire che non amo le correzioni spinte delle immagini. Non mi piace incollare cieli che non c’erano al momento dello scatto.

Mi limito per lo più a regolare il punto di bianco, il contrasto, la saturazione dei colori, la nitidezza finale della foto. Per farlo uso Lightroom e Photoshop.

Sono le attività che qualsiasi fotocamera fa comunque quando si scatta in Jpeg. Io preferisco farmi da solo questo lavoro perché il file in formato RAW contiene molte più informazioni. In questo modo riesco a recuperare più dettagli sia nelle alte luci che nelle ombre ed è molto più veloce la correzione di un punto di bianco eventualmente non corretto.

Un esempio prima/dopo per rendere più chiari i concetti.

La versione originale è quella uscita dalla fotocamera (formato RAW, conversione in Jpeg fatta con Llightroom senza alcuna modifica).

La versione finale è frutto degli aggiustamenti descritti (punto di bianco, contrasto, saturazione colori, nitidezza).

Chiesa della Madonna della Salute -VeneziaVenezia Chiesa della Madonna della Salute al tramonto
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Castello di Arzignano

Il Castello di Arzignano

Il Castello è senza dubbio il simbolo di Arzignano, cittadina veneta in provincia di Vicenza.

Dal colle di Santa Maria, che divide le valli dell’Agno e del Chiampo, domina la conca dell’Agno-Chiampo su cui si affacciano anche i castelli di Montebello e Montecchio Maggiore.

Per un arzignanese come me, è naturale usarlo come soggetto fotografico.

Diverse stagioni, diversi orari del giorno, diverse condizioni di luce, diverse posizioni, diversi obiettivi fotografici.

Rivedere dopo anni lo stesso soggetto, il Castello, sotto le diverse prospettive in cui lo hai visto nel tempo fa sempre un certo effetto.

Con una assonanza forse un po’ tirata, mi ricorda il romanzo di Franz Kafka che tanto ho amato da ragazzo, Il Castello appunto, in cui l’agrimensore K non riesce ad entrare malgrado i suoi innumerevoli tentativi.

Per analogia mi vien da dire che non sono ancora riuscito a prendere l’immagine che renda appieno il senso di questo mio Castello. Vorrà dire che questo sforzo continuerà ancora a lungo.

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Chiesa Villaggio Giardino - Arzignano

Arzignano: la chiesa del Michelucci a Villaggio Giardino

Quando è cominciata la costruzione della chiesa del Michelucci nel 1966, avevo 7 anni. Andavamo a giocare a pallone lì dietro, al “campo de Alo”. Abitavo in via Vicenza, a poche centinaia di metri da lì. Villaggio Giardino, questo il nome del quartiere, aveva bisogno di una chiesa visto che, fino ad allora, si usava la piccola cappella del vicino ricovero e il quartiere cresceva.

Si deve alla visione di Don Nilo Rigotto, e alle sue indubbie doti di saper fare, se una chiesa così innovativa è stata realizzata.

Che un grande architetto quale Giovanni Michelucci, già autore della celebre “Chiesa sull’Autostrada” vicino a Firenze, abbia accettato di lavorare ad Arzignano, è un merito tutto suo.

È un peccato che una chiesa così bella e particolare, con una architettura innovativa e piena di significati simbolici, sia stata incapsulata da edifici anonimi e brutti che la nascondono.

Rimane il cuore di un quartiere popolare, orgoglioso della sua chiesa.

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Carnevale di Venezia 2013

Carnevale di Venezia

Fare foto al Carnevale di Venezia è diventato un rito ricorrente.

La ricchezza dei colori e delle forme unite all’incredibile scenario tra Piazza San Marco, il porticato di Palazzo Ducale, lo sfondo con l’isola di San Giorgio, Riva degli Schiavoni, il Ponte dei Sospiri, rendono questa esperienza unica.

E’ una unicità che si ripete ogni anno, apparentemente sempre uguale ma in realtà sempre diversa, come ogni anno sono diverse le maschere che si presentano per essere fotografate.

Questo presentarsi delle maschere per apparire e farsi fotografate nasconde una storia di passione incredibile. L’impegno, il costo, il tempo dedicato da chi si prepara maschere così belle e sofisticate, sono veramente notevoli. Pare che la preparazione degli abiti più sofisticati costi molte migliaia di euro e richieda mesi di preparazione.

Lo scopo è mostrarsi, seppure mascherati, il che, a ben pensarci, è un paradosso perché lo svelamento dell’apparire parrebbe essere l’opposto del mascheramento.

Le persone mascherate vengano da tanti paesi diversi. Quando ti invitato a ritirare il loro biglietto da visita, con la foto della propria maschera in evidenza, affinché tu possa mandare loro le tue foto, ti rendi conto che vengono da Stati Uniti, Francia, Giappone, Germania e tanti altri paesi.

Va sperimentata l’esperienza di tante modelle e modelli, vestiti così elegantemente, che si mettono in posa per te, con movimenti lenti, pronti ad accettare le tue richieste su come posare.

Il miracolo, se così si può dire, si limita alle prime ore del mattino. Dopo arrivano migliaia e migliaia di turisti e si entra in una competizione corpo a corpo per riuscire a fotografare.

Il suggerimento che deriva da anni di esperienza è quello di farsi trovare in piazza San Marco almeno mezz’ora prima dell’alba. Ci si trova già con decine di altri appassionati e di professionisti già pronti.

Alle prime luci dell’alba ci sono solo maschere, fotografi, uno scenario magico e colori incredibili.

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