“Stranieri ovunque”: la Biennale d’arte 2024 di Venezia

"Stranieri ovunque"

Il titolo della Biennale di Venezia del 2024 è “Stranieri Ovunque” e si misura con i temi delle migrazioni e della integrazione tra le diverse culture presenti in tanta parte del mondo.

Le opere presentate spingono a ragionare sul carattere fluido delle nostre identità sfidando i confini tradizionali. È un modo per esplorare fuori dagli schemi i concetti di appartenenza e identità in un mondo sempre più globalizzato.

Al solito la mostra veneziana mette assieme esperienze e prospettive che vengono da tantissimi paesi di tutti i continenti e che la rendono un incredibile punto di incontro di culture e di idee molto ricco. I diversi registri della comunicazione artistica vengono mostrati attraverso opere che usano i vari possibili media che vanno dalla pittura alla performance, dai video alla installazione, alla scultura.

 

Tra passato e presente e tra locale e globale

Ciò consente un dialogo tra tempi e luoghi diversi, cioè tra passato e presente così come tra locale e globale, spingendo il visitatore a riflettere e ad interrogarsi anche fuori dalla sua zona di comfort. In altre parole: sono tutti stimoli a pensare e ad arricchire le proprie forme mentali facendo capire come si rappresenti una realtà vissuta quotidianamente da milioni di persone.

Non si può dimenticare che “Stranieri Ovunque”, prima ancora di essere il tema della Biennale d’arte di Venezia del 2024, è la realtà vissuta tutti i giorni da milioni di persone nel mondo.

La bellezza della diversità

La Biennale del 2024 diventa così un’occasione imperdibile per confrontarsi con le storie e le visioni di chi vive sulla soglia tra due mondi, sfidando le convenzioni e costruendo nuove narrazioni di appartenenza mostrando la bellezza della diversità.

Il percorso espositivo è stato curato con grande attenzione, creando un flusso narrativo che accompagna il visitatore in un viaggio emozionante e provocatorio.

La Biennale di Venezia 2024 dà l’occasione per cogliere, attraverso le forme di rappresentazione artistica, la complessità e la ricchezza delle identità contemporanee. Ci ricorda che, alla fin fine, siamo tutti “stranieri ovunque”.

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Pipe Organ in Royal Opera House in Muscat, Oman

Royal Opera House in Muscat, Oman

RoHM: un regalo del sultano al qaboos

Nei suoi quasi 50 anni di governo, il Sultano Al Qaboos ha trasformato l’Oman da paese arretrato, in larga parte analfabeta, gestito in modo reazionario dal padre da lui deposto con un colpo di Stato incruento, in qualcosa che ha agganciato la modernità e lo sviluppo.

Al Qaboos è mancato nei primi giorni del 2020 ma credo resterà nella memoria e nel cuore dei suoi sudditi per la grande trasformazione che ha guidato.

La Royal Opera House Muscat (in arabo دار الأوبرا السلطانية مسقط) di Mascate (Muscat in inglese) è uno dei suoi lasciti più importanti assieme alla Grande Moschea Al Qaboos. Spesso viene chiamato con semplicemente con l’acronimo ROHM, dalle iniziali del suo nome completo.

È un teatro multiuso situato con una capacità di oltre 1.000 posti costruito tra il 2007 e il 2011 nel quartiere Shati Al-Qurm.

Il complesso è costituito da un teatro per concerti, un auditorium, dei giardini paesaggistici, un mercato culturale con negozi al dettaglio, ristoranti di lusso e un centro d’arte per produzioni musicali, teatrali e operistiche.

Un opulente e sofisticato gioiello

L’opulenza si respira in ogni aspetto: la profusione di marmi pregiati sia all’esterno e all’interno dell’edificio è solo una delle componenti di un così sofisticato gioiello.

Una acustica straordinaria. Un organo a canne movibile che è il secondo più grande al mondo.

Una sofistica soluzione ingegneristica che fa scomparire alcune delle logge e delle prime file di sedie quando serve più spazio per l’orchestra.

Esempio di apertura alle culture del mondo da parte di un paese arabo

Ma a colpire di più, specie il turista occidentale inevitabilmente lambito dai riflessi dei pregiudizi contro la supposta, indistinta, cultura araba e musulmana, è la logica che ha portato Al Qaboos a creare questo centro di cultura.

Come ti spiegano i giovani Omaniti che accompagnano i visitatori del teatro, peraltro con un inglese perfetto anche nella ricchezza delle sfumature del linguaggio, lo scopo è stato quello di consentire agli Omaniti di usufruire di tutte le diverse forme di espressione musicale che possono essere rappresentate provenienti da qualsiasi parte del mondo.

Musica come modo di aprirsi al mondo nelle sue diverse forme. Certo hanno giocato la passione di Al Qaboos per la musica e la sua formazione londinese. Va rimarcato che l’insegnamento che ne ha tratto è che la diversità, a partire dalla musica, è una ricchezza che va condivisa con il suo popolo.

In altri paesi arabi e musulmani le cose sono ben diverse. Constatare questa diversità aiutare a superare tanti pregiudizi nei confronti di culture che è sciocco considerare come un tutt’uno perdendone di vista le differenze.

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