Campo di lavanda nel delta del Po con file di fiori viola che si estendono verso l'orizzonte

Il campo di lavanda nel cuore del delta del Po: tra natura e bellezza

Un angolo di colore nel delta del Po

Proprio dietro l’oasi naturalistica di Cà Mello, nell’isola Donzella, a ridosso della Sacca di Scardovari, si trova un piccolo angolo di paradiso: un campo di lavanda. Questa nuova nota di colore emerge in un’ampia area agricola, nel cuore del delta del Po, e ha catturato l’attenzione di molti.

La scommessa della famiglia Masiero: dalla tradizione all'innovazione

La famiglia Masiero – Claudio, Micaela e il figlio Enrico – ha deciso di tentare qualcosa di diverso rispetto alle colture tradizionali di mais e frumento. Hanno scelto la lavanda, una pianta dalle mille proprietà, il cui olio essenziale può essere utilizzato in diversi ambiti. Stanno ancora valutando quali opportunità economiche potrà offrire questa scommessa, ma nel frattempo hanno dato vita a qualcosa di speciale.

Miele alla lavanda e api: una nuova collaborazione

Grazie a un amico apicoltore che ha posizionato le sue arnie vicino al campo, la lavanda produrrà anche un delizioso miele. Questa collaborazione rappresenta un ulteriore esempio di come la natura possa dare vita a nuove opportunità.

Un fenomeno mediatico inaspettato

Inaspettatamente, il campo di lavanda di appena due ettari e mezzo è diventato una vera attrazione, attirando turisti da ogni parte. Le auto e i camper parcheggiati lungo la strada sono il segno di un successo tanto improvviso quanto difficile da gestire per la famiglia.

La reazione della famiglia: tra notorietà e fastidio

Mentre Enrico si diverte con l’improvvisa fama, tra interviste e video su YouTube, la madre Micaela è meno entusiasta. Con pragmatismo ha dovuto recintare il terreno e mettere cartelli per regolare l’accesso dei visitatori. Alcuni turisti, infatti, non rispettano le regole, creando disagi. Nonostante i cartelli e le raccomandazioni, la situazione a volte diventa insostenibile, portando Micaela a esclamare: Basta, chiudo tutto!.

Le foto: tra temporali e albe mancate

Le foto sono state scattate tra venerdì 19 e sabato 20 giugno nel 2020, nei brevi intervalli tra i temporali. Nonostante i piani, il cielo coperto ha impedito di fotografare l’alba sul campo di lavanda, ma questo è il bello della fotografia: puoi programmare tutto, tranne il tempo.

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Castello di Arzignano

Il Castello di Arzignano

Il Castello è senza dubbio il simbolo di Arzignano, cittadina veneta in provincia di Vicenza.

Dal colle di Santa Maria, che divide le valli dell’Agno e del Chiampo, domina la conca dell’Agno-Chiampo su cui si affacciano anche i castelli di Montebello e Montecchio Maggiore.

Per un arzignanese come me, è naturale usarlo come soggetto fotografico.

Diverse stagioni, diversi orari del giorno, diverse condizioni di luce, diverse posizioni, diversi obiettivi fotografici.

Rivedere dopo anni lo stesso soggetto, il Castello, sotto le diverse prospettive in cui lo hai visto nel tempo fa sempre un certo effetto.

Con una assonanza forse un po’ tirata, mi ricorda il romanzo di Franz Kafka che tanto ho amato da ragazzo, Il Castello appunto, in cui l’agrimensore K non riesce ad entrare malgrado i suoi innumerevoli tentativi.

Per analogia mi vien da dire che non sono ancora riuscito a prendere l’immagine che renda appieno il senso di questo mio Castello. Vorrà dire che questo sforzo continuerà ancora a lungo.

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Chiesa Villaggio Giardino - Arzignano

Arzignano: la chiesa del Michelucci a Villaggio Giardino

Quando è cominciata la costruzione della chiesa del Michelucci nel 1966, avevo 7 anni. Andavamo a giocare a pallone lì dietro, al “campo de Alo”. Abitavo in via Vicenza, a poche centinaia di metri da lì. Villaggio Giardino, questo il nome del quartiere, aveva bisogno di una chiesa visto che, fino ad allora, si usava la piccola cappella del vicino ricovero e il quartiere cresceva.

Si deve alla visione di Don Nilo Rigotto, e alle sue indubbie doti di saper fare, se una chiesa così innovativa è stata realizzata.

Che un grande architetto quale Giovanni Michelucci, già autore della celebre “Chiesa sull’Autostrada” vicino a Firenze, abbia accettato di lavorare ad Arzignano, è un merito tutto suo.

È un peccato che una chiesa così bella e particolare, con una architettura innovativa e piena di significati simbolici, sia stata incapsulata da edifici anonimi e brutti che la nascondono.

Rimane il cuore di un quartiere popolare, orgoglioso della sua chiesa.

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Rocca degli alberi - Montagnana

Montagnana città murata

Montagnana è uno dei borghi più belli d’Italia. Città murata con mura tardo-medioevali ben conservate che la cingono completamente, racchiude un centro storico di notevole importanza artistico culturale.

È situata a poca distanza da importanti città d’arte quali Padova, Verona, Vicenza, Mantova e Ferrara.

Le mura si sviluppano per circa 2 Km, hanno 24 torri alte tra i 17 e i 19 metri, distanti l’una dall’altra 50 metri, e formano un rettangolo di circa 300×600 metri.

Le porte di accesso sono 4: Porta Vicenza, Porta Padova, Porta XX Settembre, Porta Legnago o Rocca degli Alberi.

La leggenda narra di una fondazione della città da parte di profughi troiani guidati da Antenore.

Luogo ideale per il controllo della regione, anche grazie al fiume Adige che la attraversava fino al 589 d.c. prima della cosiddetta “Rotta della Cucca”.

Nel X secolo Montagnana fu dotata di fortificazioni, situate probabilmente dove ora sorge il Castello di San Zeno, per difendersi dalle frequenti e devastanti scorrerie degli Ungari.

In seguito divenne centro feudale della famiglia dei Marchesi poi detti Estensi ed svolse un ruolo importante come piazzaforte militare nell’ambito della lotta tra Impero e Papato.

Nel 1242 Montagnana venne data alle fiamme de Ezzelino III da Romano (vicario imperiale di Federico II) che poi ne riavviò la ricostruzione a partire dall’ imponente Mastio.

La città tornò poi nelle mani degli Estensi, ed entrò a far parte dei domini del Comune di Padova nel 1275.

Nel XIV secolo il controllo della città passò a Da Carrara, Signori di Padova, che la dotarono di due nuove solidissime cortine murarie in laterizio e trachite, rafforzate da ben 24 torri di vedetta e dall’imponente porta fortificata di Rocca degli Alberi.

Nel 1405, dopo lunghi anni di estenuanti guerre contro Venezia, la città si consegnò alla Serenissima, perdendo importanza militare ma accrescendo la sua potenza economica, e arricchendosi di bellezze artistiche grazie ai nobili veneziani che vi si stabilirono.

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